Le ricognizioni e il volto del Santo

Sant’Antonio morì venerdì 13 giugno 1231 presso l’Arcella, un sobborgo di Padova. Il martedì successivo, giorno 17, si celebrarono le sue esequie; il suo corpo venne sepolto nella chiesetta francescana di Santa Maria Mater Domini, rifugio spirituale del Santo nei periodi di intensa attività apostolica. Probabilmente il corpo non venne interrato, ma fatto rimanere un po’ sopraelevato in un’urna marmorea, in maniera che i devoti, sempre più frequenti e numerosi, potessero vederne e toccarne l’arca-tomba.

Nel corso dei secoli, per motivi diversi, la tomba è stata aperta per diversi motivi.

Ricognizione e traslazione del 1263
L’8 aprile 1263 il corpo venne traslato dalla sua originale sepoltura nella nuova basilica eretta in suo onore. Presiedeva la cerimonia san Bonaventura da Bagnoregio, allora ministro provinciale dei frati. Durante la ricognizione delle sacre spoglie – riferisce la Legenda Benignitas, scritta appena una decina di anni dopo l’avvenimento – la salma fu dissepolta ed ecco, la lingua non si era decomposta!  Dopo 32 anni, era rimasta ancora fresca, vermiglia e bella. A tale scoperta Bonaventura esclamò: “O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e l’hai fatto benedire dagli altri, ora si manifestano a tutti i grandi meriti che hai acquistato presso Dio”.

Traslazione del 1310
Un’altra traslazione sicura avvenne il 14 giugno 1310, quando le sacre spoglie furono solennemente trasportate nella nuova cappella dedicata al Santo, all’estremità sinistra del transetto.

Ricognizione del 1350

Il 15 febbraio 1350 il cardinale Guido de Boulogne, miracolato dal Santo, venne a Padova per sciogliere un voto e per donare un prezioso reliquiario in cui fu posta la mandibola di S. Antonio. Curiosamente la ricorrenza della Traslazione delle reliquie del Santo, popolarmente nota come la “Festa della Lingua”, si celebra non l’8 aprile (giorno del suo ritrovamento da parte di san Bonaventura), ma appunto il 15 febbraio.

Ricognizione ed esposizione del 1981
In occasione del 750° anniversario della morte di sant’Antonio, il 6 gennaio 1981 fu avviata un’importante indagine sui resti del Santo da parte di una commissione religiosa e una commissione tecnico-scientifica, entrambe nominate dalla Santa Sede. Rimossa una lastra laterale di marmo verde, si trovò una grande cassa di legno d’abete, avvolta in preziosi drappi. Essa conteneva un’altra cassa più piccola in legno, dentro cui in diversi involti, sistemati in tre comparti, avvolti in drappi preziosi e con scritte indicative, c’erano:

– lo scheletro, ad eccezione del mento, dell’avambraccio sinistro e di altre parti minori (da secoli conservate in altri reliquiari particolari),

– la tonaca,

– la “massa corporis”, cioè le ceneri: qui sono state individuate le fragili parti dell’apparato vocale del Santo, quasi a riconfermare il prodigio della lingua incorrotta.

I resti di sant’Antonio furono poi ricomposti in un’urna di cristallo ed esposti, dalla sera del 31 gennaio alla sera della domenica 1° marzo 1981 (per un totale di 29 giorni) alla venerazione dei devoti, che accorsero a folle impressionanti: oltre 650.000 persone. Al termine dell’ostensione l’urna di cristallo venne rinchiusa in una cassa di rovere e riposta nella secolare tomba-altare della cappella dedicata a sant’Antonio. Alcuni reperti, in particolare la tonaca e le reliquie dell’apparato vocale di sant’Antonio, sono tuttora esposti nella Cappella delle Reliquie.

Ostensione del 2010
Infine nel febbraio del 2010 per sei giorni i fedeli hanno potuto venerare le spoglie mortali di S. Antonio esposte nella Cappella delle Reliquie della Basilica del Santo, prima del loro ritorno alla Cappella dell’Arca una volta terminato il restauro iniziato nel 2008.

La ricostruzione del volto 

Nel 2014, è stato condotto uno studio di ricostruzione forense, in grado di ipotizzare con un alto grado di oggettività il volto e le fattezze del Santo. L’operazione è stata condotta dal Museo di Antropologia dell’Università di Padova con il fondamentale contributo del Centro Studi Antoniani. Il ritratto che ne emerge si allontana parzialmente dalla tradizione per avvicinarsi all’aspetto più “massiccio” e corpulento dell’affresco che si trova nel presbiterio della basilica antoniana.

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