La giovinezza e la vocazione francescana
preventivamente incaricato di preparare il sermone da rivolgere ai candidati e tutti si rifiutavano d’improvvisare, Antonio, il cui superiore conosceva bene le sue doti, fu costretto a prendere la parola, meravigliando tutti per la profondità della sua scienza e per la sua coinvolgente spiritualità. Ebbe così inizio l’attività missionaria di Antonio, inviato a predicare in Romagna, dove alternò i momenti di catechesi – in cui rivelò la sua immensa cultura biblica accompagnata da una profonda e coinvolgente spiritualità – alle opere di pacificazione, condividendo l’esperienza degli umili e dedicandosi alla lotta contro le eresie. Sul finire del 1223 gli venne chiesto anche di insegnare teologia a Bologna, divenendo così il primo insegnante di teologia del neonato ordine francescano; Francesco d’Assisi non voleva che i suoi frati si dedicassero allo studio della teologia, ma per sant’Antonio (che Francesco stesso chiamò “mio vescovo”), viste la sua solida fede e la sua integrità morale, fece un’eccezione, concedendogli di insegnare ai suoi frati. Verso la fine del 1224 Antonio venne inviato in Francia, in quel tempo sconvolta dalle lotte politiche e sociali tra cattolici ortodossi e la setta degli albigesi: fu predicatore insigne e maestro di teologia a Montpellier, a Limoges ed infine ad Arles. Quindi ritornò in Italia, probabilmente per il capitolo generale tenutosi ad Assisi per la Pentecoste del 1227. Antonio godette di indiscutibile stima presso i suoi confratelli, cosicché ricevette l’incarico di ministro provinciale della provincia di Romagna, allora comprendente gran parte dell’Italia del nord, e si dedicò alla visita dei conventi, fondandone di nuovi, e alla predica alla popolazione. Intraprese numerosi altri viaggi, nonostante le malattie che lo tormentavano (soffriva di asma e di idropisia): nella primavera del 1228, recatosi a Roma per volere del ministro provinciale, fu trattenuto da papa Gregorio IX, che rimase così ammirato per la sua sapienza da definirlo “scrigno della Sacra Scrittura”.
L’avventura conclusiva a Padova
A fine estate giunse a Padova. Qui scrisse i Sermones – un trattato di dottrina sacra ricavata dalla Scrittura – e si dedicò, senza risparmiare la sua precaria salute, alla predicazione e al popolo che da lui accorreva in massa. Lottò anche contro l’usura e contrastò Ezzelino da Romano, soprannominato il Feroce,
signore della Marca Travigiana, perché liberasse i capi Guelfi incarcerati. Nella primavera del 1231, si ritirò in campagna, nell’eremo di Camposampiero, dove fu ospitato dal conte Tiso, suo amico, il quale gli fece costruire una celletta su un grande noce. Il Santo passava in quel pensile rifugio le sue giornate di contemplazione, la notte rientrava all’eremo.
Il 13 giugno un malore segnò il definitivo aggravarsi delle sue condizioni di salute, così i frati, seguendo il suo desiderio di voler morire a Padova, lo posero su un carro trainato da buoi e si incamminarono verso la città; tuttavia quando giunse all’Arcella, in periferia di Padova, morì, all’età di 36 anni. Mentre spirava mormorò la frase: “Vedo il mio Signore”. Si racconta che, al momento della sua morte, a Padova, frotte di bambini invasero le strade annunciando la sua dipartita. Il suo corpo, dopo alcune contese, martedì 17 giugno, fu sepolto nella chiesetta di Santa Maria Mater Domini a Padova, momento a partire dal quale iniziarono una serie di miracoli. Il 30 maggio del 1232, solo undici mesi dopo la sua morte, Antonio venne proclamato Santo da papa Gregorio IX. Nel 1263 il suo corpo fu deposto nella nuova chiesa sorta accanto alla cappella di S. Maria Mater Domini. In questa occasione il corpo fu riesumato e si scoprì che la sua lingua era rimasta incorrotta. San Bonaventura da Bagnoregio, allora ministro provinciale, presente alla ricognizione, mostrò la sacra reliquia ai fedeli, pregando: “O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora appare manifesto quanti meriti hai acquistato presso Dio”.Nel 1946 Pio XII ha proclamato sant’Antonio “Dottore della Chiesa universale” col titolo di “Doctor Evangelicus”.