Vita

La giovinezza e la vocazione francescana

Interno della cripta che segna il luogo di nascita del Santo, Chiesa di S. Antonio, Lisbona

Sant’Antonio, al secolo Fernando, nacque a Lisbona, intorno al 1195, da nobile famiglia portoghese; all’età di quindici anni entrò nel monastero agostiniano di San Vincenzo di Fora, nella città natale, dove intraprese lo studio delle scienze umane e teologiche. Dopo due anni, a causa delle frequenti visite da parte dei familiari, decise di Bernardino Licino, Protomartiri francescani, 1524 Venezia, Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Fraritrasferirsi presso il monastero di Santa Croce a Coimbra, dove rimase per otto anni, al termine dei quali, nel 1219, venne ordinato sacerdote. Il suo desiderio di seguire il Signore in maniera più radicale si realizzò l’anno successivo, quando giunsero a Coimbra i corpi decapitati di cinque frati francescani, che si erano recati in Marocco per predicare. Davanti a quei martiri, Fernando, profondamente colpito, prese una decisione che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita: lasciare il bianco saio agostiniano per rivestirsi della grezza tunica francescana. Entrato nel romitorio dei frati minori di “Sant’Antonio degli ulivi”, intitolato al santo eremita egiziano, fece la professione religiosa, mutando il suo nome in Antonio, in omaggio al grande monaco orientale, e ottenne ben presto il permesso di recarsi a sua volta in Marocco. Qui fu preda di una malattia tropicale e si vide costretto a rientrare in patria.

 

L’Italia come nuova patria
Chiesetta rupestre di S. Antonio di Padova presso Capo Milazzo, dove, secondo una tardiva tradizione locale, sarebbe naufragato il Santo nel 1221
Tuttavia, in seguito ad una tempesta, la nave sulla quale si trovava approdò sulle coste della Sicilia, secondo una tardiva tradizione, nei pressi di Milazzo. Dopo un periodo di convalescenza trascorso a Messina, Antonio lasciò la Sicilia per recarsi ad Assisi e prendere parte al capitolo generale, detto delle Stuoie, celebrato dal 30 maggio all’8 giugno del 1221, al termine del quale, sconosciuto a tutti i suoi confratelli, si recò con frate Graziano, ministro provinciale della Romagna, all’eremo di Montepaolo. Qui trascorreva le sue giornate in preghiera, meditazione e in umile servizio dei confratelli, fin quando un episodio casuale mise in luce le sue straordinarie doti di predicatore.

 

Predicatore e apostolo
Nel settembre del 1222 si tenevano nella cattedrale di Forlì le ordinazioni sacerdotali di religiosi domenicani e francescani; poiché nessuno era stato
preventivamente incaricato di preparare il sermone da rivolgere ai candidati e tutti si rifiutavano d’improvvisare, Antonio, il cui superiore conosceva bene le sue doti, fu costretto a prendere la parola, meravigliando tutti per la profondità della sua scienza e per la sua coinvolgente spiritualità. Ebbe così inizio l’attività missionaria di Antonio, inviato a predicare in Romagna, dove alternò i momenti di catechesi – in cui rivelò la sua immensa cultura biblica accompagnata da una profonda e coinvolgente spiritualità – alle opere di pacificazione, condividendo l’esperienza degli umili e dedicandosi alla lotta contro le eresie. Sul finire del 1223 gli venne chiesto anche di Giotto, San Francesco appare al Capitolo di Arles, 1295-1299, Assisi, Basilica superioreinsegnare teologia a Bologna, divenendo così il primo insegnante di teologia del neonato ordine francescano; Francesco d’Assisi non voleva che i suoi frati si dedicassero allo studio della teologia, ma per sant’Antonio (che Francesco stesso chiamò “mio vescovo”), viste la sua solida fede e la sua integrità morale, fece un’eccezione, concedendogli di insegnare ai suoi frati. Verso la fine del 1224 Antonio venne inviato in Francia, in quel tempo sconvolta dalle lotte politiche e sociali tra cattolici ortodossi e la setta degli albigesi: fu predicatore insigne e maestro di teologia a Montpellier, a Limoges ed infine ad Arles. Quindi ritornò in Italia, probabilmente per il capitolo generale tenutosi ad Assisi per la Pentecoste del 1227. Antonio godette di indiscutibile stima presso i suoi confratelli, cosicché ricevette l’incarico di ministro provinciale della provincia di Romagna, allora comprendente gran parte dell’Italia del nord, e si dedicò alla visita dei conventi, fondandone di nuovi, e alla predica alla popolazione. Intraprese numerosi altri viaggi, nonostante le malattie che lo tormentavano (soffriva di asma e di idropisia): nella primavera del 1228, recatosi a Roma per volere del ministro provinciale, fu trattenuto da papa Gregorio IX, che rimase così ammirato per la sua sapienza da definirlo “scrigno della Sacra Scrittura”.

L’avventura conclusiva a Padova
A fine estate giunse a Padova. Qui scrisse i Sermones –  un trattato di dottrina sacra ricavata dalla Scrittura – e siLazzaro Bastiani, Sant'Antonio sul noce e Santi, 1474-1450 Venezia, Galleria dell'Accademia dedicò, senza risparmiare la sua precaria salute, alla predicazione e al popolo che da lui accorreva in massa. Lottò anche contro l’usura e contrastò Ezzelino da Romano, soprannominato il Feroce,
signore della Marca Travigiana, perché liberasse i capi Guelfi incarcerati. Nella primavera del 1231, si ritirò in campagna, nell’eremo di Camposampiero, dove fu ospitato dal conte Tiso, suo amico, il quale gli fece costruire una celletta su un grande noce. Il Santo passava in quel pensile rifugio le sue giornate di contemplazione, la notte rientrava all’eremo.
Il 13 giugno un malore segnò il definitivo aggravarsi delle sue condizioni di salute, così i frati, seguendo il suo desiderio di voler Cella del Transito, Arcella, Padovamorire a Padova, lo posero su un carro trainato da buoi e si incamminarono verso la città; tuttavia quando giunse all’Arcella, in periferia di Padova, morì, all’età di 36 anni. Mentre spirava mormorò la frase: “Vedo il mio Signore”. Si racconta che, al momento della sua morte, a Padova, frotte di bambini invasero le strade annunciando la sua dipartita. Il suo corpo, dopo alcune contese, martedì 17 giugno, fu sepolto nella chiesetta di Santa Maria Mater Domini a Padova, momento a partire dal quale iniziarono una serie di miracoli. Il 30 maggio del 1232, solo undici mesi dopo la sua morte, Antonio venne proclamato Santo da papa Gregorio IX. Nel 1263 il suo corpo fu deposto nella nuova chiesa sorta accanto alla cappella di S. Maria Mater Domini. In questa occasione il corpo fu riesumato e si scoprì che la sua lingua era rimasta incorrotta. San Bonaventura da Bagnoregio, allora ministro provinciale, presente alla ricognizione, mostrò la sacra reliquia ai fedeli, pregando: “O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora appare manifesto quanti meriti hai acquistato presso Dio”.Nel 1946 Pio XII ha proclamato sant’Antonio “Dottore della Chiesa universale” col titolo di “Doctor Evangelicus”.

Pietro Liberi, Gloria di sant'Antonio, 1665, Sagrestia della Basilica del Santo, Padova